IL PRETORE
    Premesso:
      che, nel corso del dibattimento, il rappresentante del  p.m.  in
 udienza   ha  provveduto,  ex  art.  516  del  c.p.p.,  a  modificare
 l'imputazione originariamente ascritta  all'imputato,  perche',  alla
 luce  delle risultanze istruttorie, fino a quel momento acquisite, il
 fatto  risultava  diverso  da  come  era  descritto  nel  decreto  di
 citazione  a  giudizio,  si'  da  modellarsi  (immutata  la  condotta
 materiale),  su  una  figura  di  reato  dissonante,  in  quanto  che
 polarizzato su presupposti di fatto altri;
      che,   in   secondo   luogo,   la   difesa   dell'imputato,  pur
 genericamente contestando la mancata ricorrenza, nel caso di  specie,
 dei   presupposti   necessari  per  dare  luogo  a  questa  forma  di
 contestazione nuova, non ha, tuttavia eccepito la novita' del  fatto,
 trattandosi  di  una  nuova  enunciazione  della  medesima  condotta,
 oggetto dell'originario addebito, e si e' vista, pertanto,  rigettare
 la "istanza" di prosecuzione del processo sul tema d'accusa contenuto
 nell'atto di esercizio dell'azione penale, ex art. 555 del c.p.p.;
      che,  a  questo  punto,  la  difesa dell'imputato ha ritenuto di
 sollevare questione di legittimita' costituzionale,  con  riferimento
 agli  artt.  516  e  520  del  c.p.p.,  ed  in particolare perche' la
 disposizione regolante la modifica del capo di imputazione (art. 516)
 violerebbe i principi costituzionali  di  eguaglianza,  in  relazione
 all'esercizio   del   diritto   di   difesa   (artt.  3  e  24  della
 Costituzione), nella parte  in  cui  prevede  che  sia  riservato  al
 giudicabile   il   diritto  di  poter  nuovamente  accedere  al  rito
 abbreviato; e, dall'altro, i medesimi principi, nonche' l'obbligo  di
 motivazione   dei   provvedimenti  giurisdizionali  (art.  111  della
 Costituzione), nella parte in cui (l'art. 516)  non  prevede  che  il
 giudice-terzo  possa,  sull'iniziativa del p.m., svolgere un compiuto
 intervento di verifica, onde valutarne la ammissibilita' (o meno), in
 riferimento  alla  sussistenza  (o  meno)  dei  presupposti  che   la
 giustificano.
    Questo premesso, rileva come la questione cosi' sollevata, nel suo
 duplice  profilo,  non  sia  manifestamente infondata, in particolare
 nell'ambito del giudizio pretorile, tenuto  conto  della  circostanza
 che,  in  tale ambito, il decreto di citazione a giudizio, contenente
 il tema d'accusa, rispetto al  quale  l'imputato  valuta  il  rischio
 processuale  che  sullo  stesso incombe, e di conseguenza opta per il
 rito (ordinario), abbreviato, patteggiamento), piu' opportuno,  viene
 licenziato direttamente dal p.m. (mancando la previsione dell'udienza
 preliminare).
    Piu'  difficilmente,  si  osserva  che  la  "nuova contestazione",
 siccome prevista dall'art. 516 del  c.p.p.  (non  diversamente  dalla
 contestazione  del  fatto concorrente e del fatto nuovo), costituisce
 certo una forma tipizzata di esercizio dell'azione penale, sia pure a
 carattere eccezionale, ed e',  in  quanto  tale,  regolata  da  norme
 presidiate  a  pena  di nullita' assoluta ( ex artt. 17, lettera b) e
 179, primo comma, del c.p.p.); ma  ciononostante,  il  controllo  del
 pretore,  che  non  ha  accesso  al  fascicolo  del p.m., e' limitato
 all'aspetto  esteriore,  e  comunque  processuale,  della  disciplina
 anzidetta  (a  titolo  di  esempio: il p.m. pretende di esercitare la
 nuova constestazione, in sede di atti preliminari, oppure spaccia per
 diversa descrizione del fatto  gia'  contestato  quella  che  e',  in
 realta',  la  contestazione  di  un  fatto  nuovo, si' da aggirare il
 dissenso  della  persona  tratta  a  giudizio);  e  non  si  estende,
 giocoforza,   alla  correttezza  sostanziale,  con  riferimento  alla
 pregressa  fase  endo-processuale,   dell'iniziativa   del   pubblico
 ministero,  da  valutarsi  in  correlazione  con quei diritti e mezzi
 difensivi da esercitarsi a  pena  di  decadenza,  in  un  caso  entro
 quindici dalla notifica del decreto di citazione a giudizio (giudizio
 abbreviato), e, nell'altro, prima della dichiarazione di apertura del
 dibattimento (patteggiamento).
    Ed  invero,  il  pretore, in qualita' di giudice del dibattimento,
 solo attraverso l'esame del fascicolo del p.m.  potrebbe  controllare
 se,  gia'  all'esito  delle  indagini  preliminari,  erano emersi gli
 elementi costitutivi di una diversa descrizione del (medesimo)  fatto
 (poi  effettivamente  contestato)  e,  di una conseguente sua diversa
 configurazione  giuridica  (evenienza,  quest'ultima,   astrattamente
 possibile,  in quanto che, altrimenti, non si comprenderebbe, perche'
 l'art. 516 c.p.p. fa salva solo l'ipotesi che, a seguito della  nuova
 descrizione   del   fatto,   il   giudice  del  dibattimento  risulti
 incompetente, in relazione alla nuova figura di reato).
    Mancando,  invece, tale controllo, il p.m., nel giudizio pretorile
 (diversamente da quanto avviene in quello  ordinario,  nel  quale  le
 determinazioni  dell'accusa  passano attraverso il vaglio del g.i.p.,
 prima di trovare sbocco nel decreto che dispone il giudizio) potrebbe
 maliziosamente   tralasciare   questi   ulteriori   elementi,   nella
 formulazione  dell'orginario  capo  di  imputazione,  riservandosi di
 utilizzarli  solo  nel  corso  del   dibattimento   (per   la   nuova
 contestazione ex art. 516 del c.p.p.), si' da disorientare l'imputato
 e sconvolgere la sua strategia difensiva.
    Si pensi all'ipotesi in cui all'imputato sia stata contestata ( ex
 art.  555  del  c.p.p.)  la  fattispecie  penale  di cui all'art. 20,
 lettera b) della legge n. 47/1985, e solo nel corso del  dibattimento
 il  p.m.,  che  gia'  le  indagini  preliminari  avevano  reso edotto
 dell'esistenza di un vincolo paesistico, contesti, nelle forme di cui
 all'art. 516, ferma restando la condotta  materiale,  la  piu'  grave
 fattispecie  penale,  configurata colla lett. b), nell'accennato art.
 20, si da' precludere all'imputato, che non puo' fare piu' ricorso al
 patteggiamento, il beneficio della sospensione  condizionale,  tenuto
 conto della nuova pena edittale.
    Peralto,  e  qui entra in gioco il secondo profilo sollevato dalla
 difesa dell'imputato, anche nelle ipotesi di  mero  errore  del  p.m.
 che,  nella  enunciazione  dell'originario  capo  di imputazione, non
 abbia tenuto conto di tutti gli elementi emersi durante  le  indagini
 preliminari,   per   distrazione;  ed  in  quello  in  cui  solo  dal
 dibattimento sia effettivamente emerso che il fatto  era  diverso  da
 come  descritto  nel  decreto  di  citazione  a  giudizio, sembra non
 potersi manifestamente escludere che l'impossibilita' di accedere (in
 relazione al nuovo titolo di reato) ai riti alternativi, dia luogo ad
 una diversita'  di  trattamento  o  irragionevole,  e,  sotto  questo
 aspetto, costituzionalmente censurabile.